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La storia del pesto

Il nome di questa salsa, per cui la nostra regione è famosa nel mondo, indica il metodo di procedimento, ovvero la pestatura delle foglie e degli altri ingredienti nel tradizionale murta’ (mortaio) di marmo servendosi del pestellu di legno.

Il pesto deriva con ogni probabilità dalle agliate medievali, le quali, a loro volta, avevano sostituito il garum degli antichi romani, un onnipresente condimento a base di pesci macerati nel sale insieme ad erbe aromatiche. Tutte queste salse erano sempre accompagnate da agresto (succo di uva acerbo), da aceto, da succo d’arancia oppure da vino, erano cioè salse non unte, amalgamate senza ricorrere all’utilizzo di condimenti grassi, sia di origine animale (burro) che vegetale (olio d’oliva).

Il pesto, quindi, può essere considerato la prima salsa unta, a base di olio di oliva, della gastronomia.

La prima volta che troviamo citata in un testo una salsa che potrebbe essere l’antenata del nostro pesto è nelle Bucoliche di Virgilio : il contadino Similo pranza con una focaccia spalmata di moretum, una salsa a base di coriandolo, ruta, prezzemolo e cacio pestati nel mortaio e legati dall’olio di oliva. Le origini sono sicuramente orientali, dove non mancano salse con pinoli uniti ad un formaggio acidulo, impiegato come legante per i vari ingredienti. Quando questo fu sostituito dall’olio, che ne assunse la funzione amalgamante, si usarono altri tipi di formaggio a pasta dura: pecorino e grana.

Il basilico venne introdotto assai più tardi nella ricetta, poi ne divenne il protagonista. La piantina è originaria dell’Asia Minore, in seguito importata in Europa, dove scelse la Liguria e la Provenza come terre d’elezione. Già nel nome dichiara il suo valore: deriva dal latino Ocimum Basilicum (a sua volta proveniente dal greco) che significa “profumo regale“.

Per secoli sono state attribuite al basilico, oltre che proprietà che lo rendono pregevole in cucina, anche virtù magiche: per questo era raccolto secondo ritualità codificate e sacre. Ancora oggi possono esserne riconosciuti i riflessi nella scelta degli attrezzi (mortaio di marmo e pestello di legno) e nella pazienza manuale della sua preparazione. Non bisogna infatti pestare gravemente le foglioline (sono loro a trattenere in organuli gli oli essenziali che conferiscono il gusto) ma ruotare leggermente il pestello in modo da stracciarle senza tranciarle. La lavorazione deve svolgersi a temperatura ambiente e non dilungarsi troppo, per evitare problemi di ossidazione.

La ricetta del pesto, così come la conosciamo oggi, è stata codificata verso la metà del XIX secolo: compare infatti trascritta per la prima volta nella Cuciniera genovese dei fratelli Ratto del 1865, dove viene definito “battuto d’aglio e di basilico” ed è una salsa con cui “si condiscono tutte le paste“. Vi viene indicato anche il modo di conservare le foglie, ingrediente principale e non sempre disponibile: in un vaso o arbanella, coperto di olio d’oliva, “chiuso con tappo di pergamena, legata con uno spago intorno”.

Numerose sono le versioni attuali del pesto: in generale oggi si tende a risparmiare, per facilitare la digestione, sugli spicchi d’aglio, riduzione che però, se eccessiva, fa perdere vigore alla ricetta.