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Ai confini della Città Metropolitana di Genova: Arenzano e Cogoleto

Certe volte, nelle giornate d’inverno, arrivando fino a Voltri viene voglia di proseguire, di seguire la stretta scia della nostra Aurelia, attaccati alla scogliera, fino all’ultima galleria. Fino ad Arenzano. Lasciando la macchina nel parcheggio di quella che era la vecchia stazione ferroviaria, ci si imbatte subito nella Villa Negrotto Cambiaso, oggi sede Comunale. Il primo edificio della villa, secondo la tradizione, risalirebbe al 1255. Nella seconda metà del sec. XVI il Marchese Tobia Pallavicino acquistò l’antico castello e fece edificare sull’area circostante una villa, inglobando la vecchia costruzione. Sul finire del diciannovesimo secolo, la Marchesa Sauli Pallavicino decise di rinnovarla la villa, conferendo all’edificio l’aspetto di un castello medievale circondato da un vasto giardino all’inglese: grandi prati, chioschi, grotte giochi d’acqua, ruscelli e cascate. L’ampio parco è ricco di cipressi tassi, pini canfore e cedri del Libano; gli stagni sono abitati da cigni e anatre e non è raro imbattersi, a sorpresa, nei pavoni che girano liberi tra prati e muretti. Da vedere è inoltre la serra monumentale costruita intorno agli anni ’30, in vetro e ferro battuto.

Usciti dal parco non si può non fare un giro per le chiese, cominciando dalla Parrocchia dei SS. Nazario e Celso, di impianto settecentesco, e accanto a essa l’Oratorio di S. Chiara. Un po’ fuori dal borgo i due santuari: quello di NS Annunziata delle Olivette e la Basilica del S. Bambino di Praga. Per quanto riguarda il primo è noto che già nel 1607 esisteva qui una cappelletta dedicata alla S. Vergine a cui venivano rivolte preghiere dei naviganti e di tutti i bisognosi. Molti gli ex-voto a lei dedicati custoditi nel Santuario.


Il culto del Bambino di Praga ebbe invece origine nel 1628, quando la principessa Polissena Lobkowitz di Praga offrì in dono ai Carmelitani Scalzi della chiesa arenzanese (di Santa Maria della Vittoria) una statua in cera abbigliata secondo la foggia spagnola del XVII secolo. I colori dei marmi spaziano dal bianco crema al rosso di maremma con vetrate istoriate, affreschi di pregio e le sculture maiolicate di Angelo Bianchi che rivestono le pareti interne. Il Santuario dispone, inoltre, di uno squisito giardino botanico, dove vengono coltivate specie esotiche africane e sudamericane. Altro vanto del Santuario è il Presepe artistico permanente, il più famoso presepe in ceramica della Liguria, magistralmente realizzato da Eliseo Salino.Un’occhiata è bello darla anche al centro storico di Arenzano, formato principalmente dalla palazzata del lungomare e da due nuclei corrispondenti alla via Capitan Romeo col raccordo verso la marina (Via Serafino M. Rapallo) e al rione Nastrè (Via E. Ghiglini). Qui si può cogliere l’impianto di tradizione medievale, ancora leggibile nei suoi vicoli, ben tenuti e suggestivi.
Spostandosi un poco verso Cogoleto, si arriva a Terralba, vicino a dove oggi sorge l’Ospedale della Colletta. Qui è possibile visitare la Chiesa di S. Bartolomeo che conserva al suo interno una pala del Cinquecento nonchè una filanda del diciottesimo secolo. Terralba era, dicono gli storici, il nucleo fondativo di Arenzano.

Storia, relax e divertimento turistico in questo borgo si affiancano all’innovazione, di casa al Muvita. Il Muvita è un innovativo centro di animazione scientifica. Il primo in Italia interamente dedicato al rapporto tra uomo, energia e clima. Il centro propone percorsi didattici e laboratori per giovani e adulti alla scoperta della macchina del clima, delle varie fonti di energia, dei temi del risparmio e dell’efficienza energetica.  Il science centre è stato realizzato in collaborazione con Legambiente e con Società Metereologica Italiana, e si articola in 7 aree espositive: clima, energia, cambiamenti climatici e protocollo di Kyoto, fonti rinnovabili, biomasse, idrogeno, risparmio ed efficienza energetica. Muvita Science Centre è una struttura attualmente gestita da Fondazione Muvita, di proprietà della Provincia di Genova. La sua missione è quella di dare impulso ai modelli di crescita sostenibile, favorendone l’espressione e assecondando il dibattito attorno alle problematiche ambientali.

Sempre ad Arenzano si può visitare Villa Mina, piccolo parco ottocentesco che offre una rara occasione di relax nel verde. Sono presenti antiche specie vegetali e una Cycas definita, per la sua longevità, “fossile vivente” . Di particolare interesse, l’ “itinerario dei profumi”, un originale percorso sensoriale alla scoperta delle piante aromatiche. E Villa Maddalena ex complesso monastico del XVII secolo, parco pubblico e sede del tennis club.

Tra Arenzano e Cogoleto, percorrendo un itinerario alternativo all’Aurelia, si trovano i paesi di Lerca e di Sciarborasca. A Sciarborasca è visitabile la tipica casa contadina Ligure, museo della civiltà contadina, una costruzione rurale che è stata completamente ristrutturata per illustrare gli ambienti di vita dei contadini liguri di un tempo. Sorge vicino al Museo Contadino di Sciarborasca l’Ecomuseo, percorso-museo pedonale con pannelli esplicativi per scoprire gli antichi mestieri contadini. Da Sciarborasca e Lerca  è possibile raggiungere l’Alta via dei monti liguri, all’interno del Parco del Beigua. Nel parco si trovano cinquecento chilometri di sentieri tracciati all’interno dell’area protetta con boschi di faggio e castagno nei versanti padani e vegetazione a macchia mediterranea in quelli marittimi. Dal punto di vista faunistico sono presenti volpi, donnole, faine, tassi, cinghiali, caprioli e in misura minore daini oltre a rettili, anfibi e insetti. La parte meridionale del Parco è un importante punto di passaggio di uccelli migratori. Ogni primavera, infatti, arrivano in zona migliaia di uccelli diretti verso nord. Tra questi, falchi, nibbi e rapaci diurni, ma anche cicogne e rondini che prediligono per le loro rotte migratorie la fascia costiera tra Cogoleto e Voltri, il punto più settentrionale del Mediterraneo occidentale.
 

Tornando in riviera, Cogoleto ha saputo in quest’ultimo decennio superare la sua dimensione industriale con la scoperta della vocazione turistica. Cogoleto è stato nel passato borgo di pescatori, agricoltori e di addetti alle fornaci. La memoria di questa lavorazione, fondamentale per l’economia locale, resta in numerosi documenti conservati negli archivi storici e, in modo ancor più tangibile, nelle vecchie fornaci ormai in disuso, ma ancora presenti nel territorio comunale. Il commercio della calce, fiorente fin dal secolo XV, si è protratto vivo e vitale fino alla fine dell’Ottocento, mentre una nutrita flottiglia da trasporto. Gli attuali brevi vicoli, compresi tra le vecchie case del borgo, erano in passato gli scali da cui salpavano i marinai locali o dove gli stessi tiravano in secco le imbarcazioni per la necessaria manutenzione. Per avere un’idea della tradizione marinara locale basterà pensare ai traffici commerciali condotti dalla gente di Cogoleto fin nelle colonie orientali genovesi, poste sulle lontane rive del Mar Nero. Nel Medioevo alcuni personaggi cogoletesi hanno ricoperto importanti cariche in campo politico e diplomatico. Fra loro ricordiamo Oberto di Cogoleto, un consigliere, che è tra i firmatari, per conto di Genova, del famoso “Trattato di Ninfeo”, siglato nel 1261, tra la Repubblica e l’Imperatore d’Oriente.

Fra i tanti naviganti cogoletesi ve ne sarebbero e alcuni appartenenti alla famiglia Colombo. Giovanni Colombo, fu Antonio, nel 1414 si dedica alla navigazione di piccolo cabotaggio trasportando la calce da Cogoleto alle Riviere. Antonio Colombo, padrone di un lembo, recatosi per commerciare nei mari di Sicilia, resta vittima di un episodio di pirateria da parte di un razziatore catalano. Il fatto è denunciato alle autorità competenti, nel 1431, da Bartolomeo Colombo. Lo stesso Bartolomeo è fratello di Cristoforo Colombo ed entrambi sono figli di quel Domenico Colombo, di cui si conserva il testamento (in copia del secolo XVI) nel Palazzo Municipale. È questo un caso in cui la storia si tinge di giallo a causa di varie dispute riguardanti l’identità di questi Colombo e, in particolare, la veridicità e l’attendibilità del testamento di Domenico. Forse è qui, pertanto, che bisogna venire a cercare per trovare la storia del nostro più grande navigatore. La presenza secolare della famiglia Colombo in Cogoleto è ancora oggi ricordata dalla “casa Colombo”, in diverse occasioni restaurata ed ornata con affreschi e lapidi. Nel palazzo Municipale è attualmente conservato anche un antico quadro, raffigurante Cristoforo Colombo, Ammiraglio e Scopritore del Nuovo Mondo, un’opera piuttosta nota ed esposta in varie mostre. La sua collocazione originaria era la chiesa parrocchiale di Cogoleto.

La chiesa parrocchiale che oggi possiamo vedere risale alla fine dell’Ottocento, epoca durante la quale l’ormai vetusto edificio primitivo si era reso insufficiente ad accogliere i fedeli per le funzioni sacre oltre a ciò presentava anche una precaria stabilità. Davanti alla chiesa, l’antico borgo di Cogoleto costituisce ancora il cuore dell’insediamento e resta compreso tra la bella passeggiata, dal lato a mare, e la linea ferroviaria, a monte. Il percorso è agevole ed interessante, si possono osservare le antiche abitazioni, serrate fra loro, unite e contemporaneamente distanziate da piccoli archi, separate da viuzze strette, vigilate da case più elevate dalla struttura di case torri. Alcune torri, ormai inglobate nel tessuto urbano, sono ancora visibili. Di più antica costruzione o ricostruita su parti preesistenti dovrebbe essere la torre retrostante via Rati e situata nei pressi della stazione ferroviaria.

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